La morte alle frontiere: dispositivo umanitario, gestione dei corpi e pratiche di accoglienza nella città di Catania
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.1825-9618/13781Parole chiave:
Mediterraneo, Migranti, Umanitarismo, ConfiniAbstract
Secondo l’OIM, i migranti morti o dispersi nel Mediterraneo dal 2014 sono oltre 20.000; secondo l’ONG United i morti alle frontiere dell’Europa sono oltre 44.000 dall’inizio degli anni ‘90. Oltre il 75% circa di queste persone scompare in mare (dato UNHCR 2016); in Italia solo una minima parte (15% circa) dei corpi recuperati può essere identificata e talvolta rimpatriata. Nella maggior parte dei casi, i corpi vengono sepolti senza nome nei cimiteri costieri. Di fronte alla gestione espeditiva dei corpi, legata ad esigenze di salute pubblica e al funzionamento dei dispositivi che connotano il border regime (Hotspot), le comunità che accolgono queste salme si confrontano all’esigenza di «integrare» la morte altrui nel proprio universo di senso, attraverso pratiche specifiche di «ospitalità» dedicate ai defunti. Attraverso un progetto di mappatura delle sepolture migranti nel cimitero di Catania, in collaborazione con il comitato locale della Croce Rossa e il Comune, dal 2017 abbiamo intrapreso con il programma Mecmi un’etnografia delle pratiche di trattamento dei corpi e dei rituali di tumulazione dedicate a oltre 260 salme.
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